Da qualche anno mi occupo del rapporto tra psicologia e cattolicesimo. Secondo l’insegnamento del grande psicologo cattolico Rudolf Allers, ho cercato di rivolgere la mia attenzione all’antropologia soggiacente, in maniera esplicita o implicita, alle varie psicologie; questo lavoro mi ha portato alla scoperta dell’antropologia aristotelico-tomista e alla convinzione che essa possa costituire un valido fondamento per una psicologia che possa innestarsi nel dato rivelato.
Questa fatica è stata confortata dall’apprezzamento e dall’interesse che essa riceveva da altri psicologi cattolici, i quali mi hanno fatto però rilevare la difficoltà di tradurre in termini clinici questi concetti teorici. Come tradurre nel lavoro terapeutico la metafisica aristotelica, o l’impianto antropologico tomista? Come utilizzare quel tesoro (nascosto?) per aiutare concretamente i pazienti?
La domanda è certamente importante, e merita una risposta seria. Ovviamente non sono in grado di rispondere adeguatamente; quel che posso fare è mettere a disposizione alcune riflessioni cliniche che sono emerse in questi anni. Si tratta di alcuni articoli, alcuni già pubblicati (su Studi Cattolici, il Timone...), altri inediti; per questo motivo non ci si aspetti un lavoro organico.
“La speranza è che possano essere un contributo, per quanto misero, all’importante riflessione circa una psicologia cattolica; e che altri possano, correggendo i miei errori, spingersi più in là.”
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